Due occhi enormi neri, pieni di paura e di luce, ad illuminare la noia di un’asettica stanza di ospedale.
Una parlata veloce, un guizzo di parole, e soprattutto un sorriso sempre pronto ad affacciarsi da quella finestra di dolore dalla quale non poteva che sporgersi da quando a luglio dello scorso anno la sorte aveva dato la sua sentenza: leucemia acuta.
Due bimbe da crescere, due gemelline, con i loro disegni appesi alla parete dell’ospedale, che sentiva ogni giorno per telefono con quell’inconfondibile voce di Mamma, scusandosi se per un po’ doveva stare fuori casa e rassicurandole che sarebbe tornata presto da loro. Chiusa la conversazione, il silenzio e le lacrime e poi di nuovo un sorriso a castigare i cattivi pensieri.
Un marito, Antonio, dolcissimo e sempre pronto verso tutti; così come tutti, passando dietro la vetrata, chiedevano notizie di Anna, con la quale avevano condiviso giorni sempre gli stessi.
Ed Anna si informava, chiedeva, rassicurava, distribuiva forza. Antonio alla sera gli raccontava, come un giornale parlante, ogni cosa accaduta nella loro Biancavilla, ed Anna conosceva tutti, anche li per nome.
I pomeriggi interminabili con la TV che trasmetteva soap improponibili e noi a prenderla in giro perché tratteneva il telecomando, coma a dire: sono io la decana per degenza e comando io!
Signor Antonio, mi chiamava. Non sono riuscito a farmi dare del tu. Poteva essere mia figlia.
Anna celava una timidezza fatta di rispetto verso gli altri, ed era un’impresa farle accettare anche solo uno yogurt, una pizza, un cornetto.
Ora Anna non c’è più!
Le sue bimbe non la vedranno tornare a casa, il loro papà dovrà essere anche Mamma e ricordare il sorriso di una donna dolcissima.
Per me, per Checca, per chi ha avuto la fortuna di conoscerla, resterà struggente il sorriso d’amore di quella indomita ragazza, senza capelli, con il suo sprone ad essere positivi.
Lei non ha mai abbandonato la speranza, è stata la speranza a lasciarla.